[di Giulia Mirandola] Per la seconda volta sono salita in Val di Pejo accompagnata da visitatori d'eccezione: Alessandro Riccioni, Alicia Baladan e Giusi Quarenghi. Come un anno fa, la meta è stata una pluriclasse di montagna, ai piedi del
monte Vioz, nel Parco Nazionale dello Stelvio. Non più la scuola elementare Bevilacqua, chiusa definitivamente in un clima di scontento e incertezze nel giugno 2011, bensì la
Scuola Pejo Viva, un'esperienza inedita in Trentino e originale di per sé, basata sull'insegnamento parentale, documentata giorno per giorno attraverso
un sito: strumento di comunicazione consono ai tempi che corrono.
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Scuola Pejo Viva. |
Da settembre 2011, nove bambini dai sei ai dieci anni e i rispettivi genitori, seguiti quotidianamente da un gruppo coeso di insegnanti volontari, fanno scuola "senza scuola", in due aule ricavate con semplicità da un appartamento a pochi passi dal vecchio edificio scolastico. La campanella è appesa a una legnaia, le bandiere sono quelle dell'Europa, dell'Italia e del Marocco (in classe ci sono tre bambini marocchini). Nessuno avrebbe scommesso sulla durata oltre Natale di
Scuola Pejo Viva, quando la realtà mostra che ciò è stato possibile. In questi giorni Fatima, Davide, Arianna, Agnese, Lorenzo, Maryam, Omar, Nicola, Lisa si preparano agli esami, la prova per loro più difficile.
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Alicia e Alessandro. |
La porta della scuola si è aperta innumerevoli volte nel corso dei mesi ad ospiti saliti in quota per conoscere da vicino questa realtà e ascoltare i tanti perché di una scelta radicale come quella di rinunciare alla cosiddetta scuola di tutti, la scuola pubblica. Da parte mia ho cercato di avvicinare il racconto di
Scuola Pejo Viva a persone che a titolo diverso si occupano di storie. Tra loro, un antropologo visuale, Michele Trentini, che sta progettando un documentario sull'argomento; Alessandra Henke, una giornalista di Radio 3, che dedicherà alla vicenda un radio documentario in cinque puntate per il programma "Tre soldi"; Luigi Monti, direttore della rivista "Gli asini", che nell'intervistare
il maestro Alberto Delpero ha scoperto un nuovo mondo; tre autori, Riccioni, Baladan, Quarenghi, che con i loro versi e illustrazioni hanno seminato letteratura per l'infanzia; Maria Giaramidaro, attiva nel campo della promozione della lettura e fondatrice di
Oliver Associazione Culturale, che da Mazara del Vallo ha risalito la penisola per osservare differenze e somiglianze tra la Sicilia e il Trentino.
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Alessandro, Maria e Giulia. |
L'arrivo di Riccioni, Baladan e Quarenghi portava con sé una motivazione: fare poesia. Riccioni e Baladan si sono concentrati sulle pagine del loro
Cielo bambino, prima attraverso una "ginnastica" di gesti e parole condotta da
Alessandro Riccioni, adatta a slegare il linguaggio e a sciogliere con il corpo la mente. Poi con un gioco dell'oca magnifico, disegnato da
Alicia Baladan, ingrandimento con variazioni dell'ultima tavola del libro, giocato a squadre di "soli", "lune" e "comete", con un grande dado di cartone. Riccioni si è presentato ai bambini come "l'omino tondo che fa impazzire il mondo" ed essendo un poeta di parola ha fatto impazzire per un po' chiunque gli capitasse a tiro. Con Alicia il gioco era all'aperto, tra terra e cielo, in mezzo a improvvisazioni in rima, risate, pegni in forma di canto e molto dialetto mescolato alla lingua italiana.
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Il gioco dell'oca di Alicia, da Cielo bambino. |
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I bambini all'opera. |
Sul rapporto tra dialetto pegaese e lingua italiana ha lavorato a fondo
Giusi Quarenghi, impegnata due giorni dopo nella costruzione di un libro di grande formato,
A scuola tra bosco, cielo e prato. Si tratta di un progetto collettivo di scrittura, che verrà presentato in sede d'esame.
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A scuola tra bosco, cielo e prato. |
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Giusi e i bambini al lavoro |
Nelle sue pagine cartonate rilegate a spago, scritte e colorate a mano, i bambini raccontano chi sono, dove hanno fatto scuola, con quali maestri, su quali materie e con che orario settimanale, cosa è loro piaciuto di più e cosa di meno. La pagina finale è un esempio di bilinguismo applicato al collage: oggetti raccolti durante una passeggiata nel bosco vengono commentati con didascalie in italiano e in pegaese, a rimarcare che la padronanza bilinguistica non può prescindere dal lessico e dalla grammatica italiana.
Il pomeriggio è stato un momento di festa trascorsa al Mulino dei Turri. Giusi Quarenghi ha impastato pane e raccontato storie che affondano nelle origini di questo cibo antico. Ne è sortita una grande pasta madre, nata sotto gli occhi di bambini, genitori, anziani, distribuita cruda a piccole pagnotte e affidata alle cure di tante mani. Una metafora azzeccata per salutare la
Scuola Pejo Viva e augurare buona crescita a chi ha studiato qui.
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Al Molin dei Turi per far il pane con Giusi. |
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