Una prima coseguenza del suo arrivo è la voglia che gli amici hanno di parlarne e, per qualcuno che ha dimestichezza con la scrittura, anche di scriverne. Ecco che Lule, in un raptus che pareva non dover finire mai, ha scritto queste parole. Ve le lascio, così, come invito a scrivere dei libri che ci piacciono, a leggere tutto quello che riguarda i libri (andate a leggere uno degli ultimi post sul blog dei Topipittori e i commenti e la lettera di Elisabetta Cremaschi (il suo blog Gavroche): c'è bisogno di leggere, di seguire i blog che parlano di un possibile futuro, e non solo per i libri...
Per l’eco
Quando ero bambina, in casa mia c’erano molte regole da rispettare. Era proibito, ad esempio, chiedere le cose: ”L’erba voglio cresce soltanto nel giardino del Re”. Chiedere era considerato un segno di grande maleducazione. Ma desiderare? Quello potevo farlo, nessuno se ne sarebbe accorto. Trascorrevo interi pomeriggi, con l’alibi dei libri e dei quaderni aperti davanti a me, a fantasticare, con la segreta convinzione che la forza del desiderio avrebbe costretto le cose ad accadere. Potevo sognare un viaggio dai nonni, in Sicilia, ed ecco il treno, gli arancini di riso, l’attraversamento dello stretto con l’aria di mare sulla faccia, le zie a coccolarmi, a portarmi al cinema. Oppure si trattava di cose semplicissime, un paio di scarpe nuove, di pelle morbida, bianca, scamosciata, con cui provare qualche passo di danza davanti allo specchio. A volte era la voglia di fare una passeggiata tenendo la mano della mamma e del babbo che, vero uomo di una volta, disdegnava fieramente una simile attività, e dunque non usciva mai con noi. Insomma il materiale su cui esercitare le mie fantasticherie non mancava. Ma la sensazione che mi è rimasta addosso di questa mia segreta attività, è quella di potere modificare il mondo con l’intensità del desiderio. ‘Se non succede niente è segno che non l’ho voluto abbastanza’. Questo pensavo. Ogni tanto, però, qualcosa accadeva e allora avevo la convinzione d’essere stata proprio io a provocare l’evento.
Sì, non si poteva chiedere. Solo desiderare. In silenzio.
E’ proprio la qualità del silenzio a sorprendermi in questo libro. Il protagonista della storia, il bambino, non emette suono, il suo desiderio che riecheggia fra le montagne ha una potenza tale da non richiedere la mediazione della parola. E’ un desiderio così profondo che può mantenere la sua integrità solo restando segreto. Acquista così uno degli attributi divini, quello per cui il pensiero si fa sostanza.
Ecco allora che, in piena luce, fra montagne e colline punteggiate di bei cipressi toscani, il vento che muove le foglie e i pensieri, porta il miracolo, uno di quelli che solo i bambini riescono a fare, ma che solo gli artisti e i poeti riescono a raccontare .
Per questa storia che vola nel vento l’illustratore ha creato, con una cura da miniaturista, un paesaggio toscano più vero del vero. Sono toscani i monumenti, le case, ma anche i singoli muri con gli archi inseriti, le finestre con le persiane, le strade a spina di pesce. E poi le colline con i cipressi che indicano la strada e si affollano e si diradano seguendo il ritmo della narrazione. Sono importanti i cipressi. Sono i custodi di quello che è già avvenuto e i testimoni di quello che sta accadendo.
A popolare il paesaggio ci sono foglie nel vento, panni stesi, qualche uccello, un gatto dietro una finestra e delle meravigliose oche bianche che osservano tutto: spuntano dietro le persiane, escono dalle case, salgono sulla bicicletta per suonare il campanello, girano per le strade che pare non abbiano mai dovuto sopportare il passaggio rumoroso e fumoso di un’auto.
Produce un’eco questo libro, profonda, è come un sasso lanciato nello stagno che provoca infiniti mutamenti anche se noi vediamo soltanto l’ipnotico rincorrersi dei cerchi in superficie. A guardare bene da qui possono procedere mille storie, le nostre, tutte quelle che attengono alle categorie del segreto e del desiderio.
grazie, Lule! Leggete, leggete...