E’ davvero cosa strana conoscere
una persona attraverso le sue illustrazioni. E’ ancora più intrigante quando le
illustrazioni sono su alcuni tuoi testi per un libro che i Topipittori
hanno deciso di fare. Ricordo ancora con emozione la mail di Giovanna Zoboli
che mi diceva che avevano individuato una illustratrice adatta alle mie
poesiole sul cielo. “Non ti diciamo ancora il nome, ma presto lo saprai!”.
Alicia, molto probabilmente, doveva decidere se accettare oppure non farlo.
Poi, dopo poco tempo, mi arrivano due tavole preparatorie, bellissime. In una,
un oggetto per me magico: le forbici! Per farla breve, mi innamoro subito del
lavoro di Alicia, ma il tempo per incontrarla è ancora lontano. Bisognerà
aspettare la Fera di Bologna del 2010. Alicia la trovo lì, contenta del suo
libro Una storia Guaranì, bellissimo, con una copertina
mozzafiato.
E’ contenta di conoscermi, io
sono felice di conoscerla. Parliamo un po’ di noi, ma poco, ci scrutiamo, ci
osserviamo e, penso io, ci piacciamo. Giovanna e Paolo ci fanno vedere che il
nostro “cielo” è già in catalogo per il 2011. Evviva! Poi, il tempo passa, ci
sentiamo ogni tanto, ci vorremmo incontrare più spesso, ma il lavoro ci tiene
lontani. Ci parliamo a distanza quando i Topi decidono di intervistarci per il
loro blog su come si lavora l’una sui testi dell’altro e l’altro (che
poi sarei io) che dice cose su come l’altra ha lavorato. Non sono un addetto ai
lavori, non ho strumenti per affrontare questioni tecniche sul lavoro di
un’illustratrice. Eppure, in attesa di ritrovarci di nuovo, voglio parlarvi di
lei.
Il lavoro di Alicia non è solo
quello di illustrare. Lei scrive e il suo libro
Piccolo,
grande Uruguay, nella bellissima collana dei Topipittori Gli anni in
tasca, è un gioiello, un invito ad entrare in un mondo lontano e vicino a
un tempo, in una storia in cui, più che gli eventi, seppure interessanti,
contano le emozioni della vita bambina che cresce, tra difficoltà e rinunce,
sempre tra la realtà quotidiana e il sogno che incombe. Alicia rende
testimonianza della sua infanzia e lo fa con il tratto ora serissimo ora
scanzonato dei bambini, senza sovrapposizioni “adulte”.
“Papà aveva la testa come un
porcospino ed era divertente strofinarla con le mani. Gli guardavo sempre le
unghie che, nella mano destra, aveva linde e lunghe; avevo l’impressione che
muovesse le dita in modo inusuale: erano affusolate e sembravano stare attente
a dove si posavano. Le mani erano l’unica parte di mio padre che avesse
conservato un aspetto davvero identico a quello che osservavo in certe foto di
lui che avevo a casa. Per il resto, faticavo a capire che si trattasse della
stessa persona. Nelle foto, aveva folti capelli neri e vestiva elegante; era
magro, ma di bell’aspetto, e stava sempre suonando il piano o la chitarra.”
Questo libro pare avere la
leggerezza e la profondità delle sue animazioni, quel continuo farsi e disfarsi
del discorso, della visione, del ricordo, della trama di ogni giorno vissuto.
Ecco, il farsi e disfarsi del mondo mi pare essere il segreto del suo lavoro,
la cosa che mi piace di più in tutto quello che ho potuto vedere fino ad oggi.
E nuove cose verranno, a confermare o smentire queste mie parole. Ma sarà
sempre sorpresa, meraviglia. Alicia non è tanto e solo un’artista, con un
bagaglio culturale ricco e vastissimo. Alicia è soprattutto un’anima che sa
ascoltare il canto più antico e la musica più nuova, che sa guardare lo
specchio più vecchio e l’acqua più fresca. Grazie, allora, Alicia. E grazie ai
Topi per avermi fatto conoscere Alicia.
Leggete, leggete. E, poi,
comprate i libri, regalate i libri, andate in biblioteca, andate in libreria.
...sono senza parole. ti scivo una mail vah!
RispondiElimina