lunedì 26 marzo 2012

la leggerezza del genio

grazie a tutti

L'incontro con classi di bambini è una parte fondamentale del mio lavoro, anzi una parte fondamentale della mia vita. Non riuscirei a immaginarmi vivo senza la possibilità di aprirmi al loro mondo, di dispormi all'ascolto di quello che hanno da dire. Sono favorito in questo anche per il fatto di non essere l'insegnante e quindi la mia presenza tra di loro, anche in ambito tipicamente scolastico, ha un sapore diverso. Ho già detto da qualche parte che i bambini sono bravissimi a sentire odore di bruciato, che poi vuol dire a percepire l'inautenticità di un dialogo, di un approccio (brutta parola, ma non ne trovo altre). Avvicinarsi a loro è un esercizio di umiltà, è il riconoscerli come portatori di idee, pensieri profondi, progetti di futuro. Ho la fortuna (e anche la presunzione, ahimè!) di considerarmi abbastanza bravo, dopo anni di esperienze, a togliermi di dosso ogni tipo di preconcetto sui bambini e su tutto quanto sta loro attorno nel momento stesso in cui varco la soglia di una classe. Così, con entusiasmo misto a rispetto, continuo ad andare da loro, per leggere e farmi leggere storie, per proporre e farmi proporre giochi, per parlare e per farmi dire cose sulla lettura e sulla scrittura. Di solito, chiedo sempre qualcosa in cambio, un regalo che mi faccia ricordare che sono stato lì, da loro, in classe. Il regalo è quasi sempre un testo, un disegno, individuale o collettivo, che suoni come un "arrivederci", un "non perdiamoci di vista".

Nulla di tutto quello che ho incontrato lungo le mie "strade verso i bambini" sarebbe stato possibile senza la presenza attenta e costante delle maestre, soprattutto di quelle della mia terra, delle maestre "di montagna". L'anno 2011, hanno voluto regalarmi una festa splendida (in realtà, anche in quell'occasione, mi hanno comunque fatto lavorare, leggere, e piangere davanti a più di 400 bambini), con Marco a sostenermi, a leggere con me, come altre mille volte. Dopo quel giorno, la vita mi ha imprigionato in una gabbia di angoscia e dolore dalla quale sto cercando a fatica di uscire, affidandomi di nuovo ai bambini. Non ho potuto ringraziare tutti di quel momento. Lo faccio adesso.

In particolare, voglio dedicare un pensiero alle maestre del mio paese. Sì, capita che qualche volta, mi invitino anche nelle scuole del mio paese, un paese che pare aver dimenticato il mondo dei bambini, come ripiegato in un presente scialbo e senza futuro. Per me, è una grande gioia potere andare a trovare i bambini che corrono, saltano, si azzuffano, ridono e giocano sulle mie stesse strade, quelle che mi hanno visto bambino.

E il principio di questa gioia è stato l'incontro con Patrizia e Carla, due maestre della scuola dell'infanzia di Vidiciatico, nel mio Comune. Patrizia la conoscevo già, lizzanese doc. Carla arriva invece dalla Lombardia, ma ha messo solide radici qui pure lei. C'è stata una prima richiesta di presenza, di lettura animata, di incontro con i bambini. In breve tempo, la loro scuola è diventata una seconda casa per me. Le due maestre sono straordinarie, lavorano con una passione immensa, con una professionalità rara, con un senso di quello che la scuola può e deve essere che andrebbe trasformato in caratteri da stampa e tatuato a fuoco sulla insensibile fronte delle Gelmini di turno, di modo che ogni mattina potrebbero leggerlo allo specchio e cercare di imparare. La gioia di stare con loro e con i bambini (e poi con i genitori,  i nonni, la gente del paese) ha lievitato come il pane che ho visto fare loro a scuola, ammorbidito con il latte sul quale hanno lavorato in un laboratorio/esperienza di costruzione del mondo che ha affascinato i bambini e li ha resi davvero coprotagonisti del processo educativo. Non sono un pedagogista, non m'interessa scoprire uno o più metodi di lavoro, difendere l'una o l'altra posizione pedagogica. Sono un uomo curioso, per nulla spaventato se debbo seguire cose che non conosco o non capisco, disposto a farmi trascinare in quel meraviglioso e pericoloso gioco della crescita, del confronto con l'immensa capacità di stupirsi di fronte al mondo, soprattutto al mondo enorme dei bambini più piccoli. Patrizia e Carla mi regalano, ogni anno, nuovi orizzonti di senso, nuova materia per imbottire i miei sogni, nuova energia da mettere in gioco. In questa sera, tappato in casa con un polmone ancora "disventilato", voglio rendere omaggio a Patrizia e Carla, ai bambini di Vidiciatico. Voglio dire loro un grazie.
Non dimenticherò mai il giorno in cui ho raccontato loro, sulle strette strade della mia infanzia, la storia che mio padre mi raccontava anche tre volte a sera, quella della volpe e il lupo. Davanti alla casa in cui sono nato, ho visto i miei occhi splancati gemellarsi ai loro occhi e tutto è stato più facile, anche nascondere il pianto di una nostalgia fortissima. Poi, come avviene nelle più belle storie di magia, ci ha pensato il cielo a piangerci adosso una pioggia allegra che ci ha fatto scappare in cerca di riparo. 

Un altro grazie, lo voglio dire alle maestre Alessandra (fu lei che mi portò in regalo da Parigi il primo, storico martello per l'investitura dei nuovi bambini che si iscrivono in biblioteca), Elisabetta e Simona della 5 elementare (primaria!) di Lizzano, il mio paese. L'incontro con questi bambini più grandi è stato come una lezione "alla rovescia": credevo di condurre io il gioco, ma mi sono subito accorto che erano loro a stabilire il ritmo delle danze, a parlarmi di come va il mondo, di come si sogna e si costruisce il mondo. Mi avevano fatto un regalo ancora prima che andassi a trovarli: una raccolta di filastrocche ispirate al cielo, una richiesta di amicizia senza usare Facebook, un invito a cui non potevo dire di no. Sono seguiti altri "regali", dopo appena due settimane dal primo incontro, e uno lo devo riportare in questo post, perché rende testimonianza della leggerezza del genio che si nasconde non in una lampada, ma nella testa dei nostri bambini, sì, anche quelli di montagna.


Io in una vita alternativa vorrei essere un pesce verde, brillantato e buono da friggere. Vorrei vivere sotto la cattedra, in un laghetto pulito. Vivere nell'acqua è un vantaggio così quando ti danno le verifiche i fogli si sciolgono e non scrivi. Poi, i rumori in acqua arrivano come un'eco lontana, perciò quando le maestre spiegano non si sente niente e quando si arrabbiano poco si sente. Se sei un pesce non ti fai la doccia o il bagno e i tuoi amici sono muti così non riesci a litigare.

Di solito, quando si riportano i testi di chi scrive, si cita sempre il nome. Non lo farò, perché quasi sempre, il genio si nasconde in più teste di bambini contemporaneamente. Leggete, leggete...

Buona notte

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